La coperta di velluto blu

@piumadoro · 2021-06-06 21:14 · Discovery-it

Questo racconto è stato scritto per partecipare a The Neverending Contest n°134 S4-P7-I3 di @storychain sulla base delle indicazioni di @clifth Tema: Velluto a coste
Ambientazione: Tempio

152- Tempio.jpg Michal Osmenda, CC BY-SA 2.0 - via Wikimedia Commons

La coperta di velluto blu

La vita di Sole non era stata facile, ma adesso che aveva un lavoro soddisfacente nel centro di Parigi, aveva sposato Jacques e la loro bimba stava per avere un fratellino, la donna guardava con occhi diversi al passato: emergevano strani ricordi in contesti dai contorni velati e dalla lingua lontana, nuove domande insediavano risposte consolidate dagli anni e sogno e realtà sfumavano in modo del tutto indefinito l’uno nell’altro. Isabelle si avvicinava ai cinque anni, l’età dei primi ricordi di Sole bambina: forse guardando sua figlia rivedeva in lei un po’ di se stessa; forse invece quella vecchia foto vista un mese prima a casa di sua madre aveva aperto un antico e polveroso cassetto dei ricordi. L’aveva osservata solo pochi istanti: aprendo uno sportello era caduta giù da sotto una logora coperta di velluto a coste blu, ormai fragile come una ragnatela, di cui sua madre non si era però mai voluta disfare perché quando Sole era piccola la usavano sempre nei loro giochi ed era legata ai loro ricordi più belli. La foto ritraeva lei bambina, avvolta nella coperta di velluto blu, in braccio a sua madre molto giovane e molto accigliata, che la stringeva a sé col cipiglio protettivo di una leonessa. La sua attenzione, però, era stata catturata dallo sfondo della vecchia fotografia, che mostrava un meraviglioso tempio greco antico circondato da antiche rovine che spiccavano bianche nel blu della notte stellata. Qualcosa di dolceamaro, vedendo la foto, si era risvegliato in lei, ma non aveva fatto in tempo a chiedere spiegazioni alla madre che quest’ultima, notando il reperto, glielo aveva strappato di mano frettolosamente, quasi con violenza, e non c’era stato verso di prendere l’argomento. Avevano litigato, perché sua madre Rosa non parlava mai volentieri dei primi anni di Sole e delle loro origini e un velo di mistero avvolgeva gli anni precedenti al loro arrivo a Parigi; in cambio aveva costruito per lei delle bellissime storie con cui confonderle i ricordi e colmare le lacune, storie che poi aveva iniziato a illustrare con gli acquerelli e vendere a una casa editrice francese di libri per bambini. Grazie a quelli aveva potuto lasciare i tre lavori da cameriera e colf che faceva per mantenersi nella costosa capitale e aveva potuto dare finalmente una vita meno disagiata a sé stessa e alla sua bambina, ormai adolescente. Sole ricordava bene e con grande gioia i giochi che la mamma inventava per lei e di cui la vecchia coperta blu aveva spesso fatto parte, diventando all’occorrenza il lungo manto di una regina, un tappeto volante, la tenda degli indiani, le ali di una fata, il vestito da sera di una star, un magnifico cielo stellato, la capsula spaziale per andare su altri pianeti, l’oceano da solcare su una nave pirata in cerca di tesori o sotto il quale immergersi come sirene alla scoperta delle buffe creature sottomarine. Le larghe coste del velluto avevano a volte fatto addirittura da ippodromo per soldatini e animaletti coinvolti nelle corse o da siepi di labirinti minuscoli dove perdersi inventando storie sui personaggi che vi si avventuravano. Quella coperta magica le aveva protette dal freddo e dalla tristezza quando erano arrivate a Parigi povere e sole e aveva creato un legame speciale ammantando di spensierata felicità ricordi grigi di incertezza e indigenza sullo sfondo di stanze gelide e spoglie. Sole non ricordava da dove la coperta venisse: era sempre stata con loro da che ne aveva memoria. Vedersi avvolta in essa in quella foto così vecchia, scattata in un luogo che nemmeno ricordava ma che sentiva familiare le aveva evocato, durante quell’ultimo mese, immagini sopite sul fondo della sua coscienza: un divano, un cucinino, una culletta accanto a un lettone, una mano pelosa, odore di vino e di fumo, urla, la mamma che correva di notte con lei in braccio, la dottoressa dell’ospedale, un sorriso, una donna vestita di nero, odore di borotalco. Legate ai flash che si affacciavano a tratti nella mente di Sole, le emozioni si succedevano appiccicose e sgradevoli riportando confusamente a galla dolore, paura, sgomento, fame, sollievo, serenità, risate e un triste addio. Portando lieve la mano alla pancia e accarezzando il bambino in arrivo, Sole cominciava a capire, ma tante cose restavano oscure. *<>* le disse un giorno, presentandosi all’improvviso a casa di Rosa. *<>* la accolse Rosa col viso velato da un sorriso amaro. Sulla poltrona del salotto Rosa aveva messo la loro vecchia coperta, mentre sul tavolino lì accanto aveva disposto alcune foto, dei documenti ingialliti, un collier d’oro anni ’80. <> Sole rimase a lungo in silenzio, pensierosa, finché il gatto di sua madre le sfiorò le gambe con la coda, in cerca di coccole. Si riscosse allora da una sorta di torpore che aveva cullato i suoi ricordi e alzò gli occhi su quella donna che le aveva fatto da madre e da padre, che le aveva mostrato sempre e solo amore e sorrisi anche nei momenti più duri e dolorosi della sua vita, che l’aveva protetta e cresciuta ricolma di felicità. I suoi occhi incontrarono quelli ansiosi di Rosa, che erano tesi e inquieti per quel che poteva pensare la figlia dopo la sua storia rivelatrice. Sole provò una fitta alla vista di quello sguardo angosciato, pensò che la madre non meritava mai più un solo istante di sofferenza in questa o nella prossima vita. Si alzò di scatto e corse ad abbracciarla di un abbraccio caldo, lungo, intenso e sublimato da un sentimento di amore potente, sacro e antico che sempre le avrebbe legate, come in quel tempio lontano, in quella notte stellata, sotto una coperta di velluto blu.
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